Descrizione

Il Rinascimento nel settore vetrario iniziò a metà del XV secolo a Venezia con l'invenzione da parte del vetraio muranese Angelo Barovier del cristallo, un vetro incolore e terso, basato sulla depurazione alchemica delle ceneri sodiche fondenti (l'allume catino proveniente dal Levante), oltre che sulla decolorazione col biossido di manganese, citato per la prima volta in una carta di Ragusa del 1453. Il vetrificante era costituito dai ciottoli quarzosi del fiume Ticino polverizzati. Si trattava di silice piuttosto pura, con un basso tenore di ferro.

Angelo Barovier inventò anche un lattimo adatto alla soffiatura, un vetro bianco, opacizzato con calce di piombo e stagno, imitante le prime porcellane cinesi giunte a Venezia, citato nelle carte muranesi nel 1457. A lui è attribuita anche l'invenzione del calcedonio, simile all'agata venata, una varietà del calcedonio naturale, che compare in una carta relativa ai Barovier nel 1460. Antonio Averlino, detto il Filarete, nel suo trattato di architettura composto tra il 1458 ed il 1464 cita il suo amicissimo ... Mastr'Angelo di Murano, i suoi lavori cristallini, i vetri colorati e un vetro venato, evidentemente il calcedonio. Già nel 1457 anche Nicolò Mocetto e i fratelli Iacobo e Bono d'Angelo producevano il cristallo ed il lattimo nella loro fornace. Molto presto le migliori fornaci di Murano si impadronirono delle loro ricette. I segreti di Angelo vennero affidati alla figlia Marietta, che gestì una fornace e a cui furono sottratti dal vetraio Giorgio Ballarin, che divenne ino dei più importanti produttori dell'isola.

Vennero prodotti vetri di vari colori, blu, verde, acquamarina, ametista, rosso. La decorazione a smalto rinacque tra il 1460 ed il 1470 dopo un secolo di oblio. I primi vetri smaltati noti sono due bicchieri cristallini dipinti, elencati tra il vasellame di proprietà del duca di Ferrara. Alla decorazione a smalto venne presto abbinata la decorazione a foglia d'oro graffita, ricotta assieme agli smalti. Il più antico vetro rinascimentale smaltato conservato è il noto calice del Museo Civico di Bologna, databile nel decennio 1460-70, decorato con L'Adorazione dei Magi, la Fuga in Egitto e due busti di Profeti. Le decorazioni di tema sacro sono però piuttosto rare mentre prevalgono temi profani, inneggianti all'amore (coppa Barovier al Museo Vetrario di Murano), alla giovinezza e ad altri valori terreni. Non mancano figure mitologiche, scene di vita cavalleresca, putti, stemmi, ornati vegetali e geometrici.

I maestri vetrai conseguirono velocemente un alto livello di manualità nella lavorazione a caldo. I numerosi tipi di bicchieri, calici, coppe, coppe su piede, tazze, piatti, bottiglie assunsero forme auliche ed eleganti, degne degli arredi rinascimentali, per lo più ispirate a quelle del vasellame metallico e ceramico. Tra le decorazioni a caldo venne adottata frequentemente la tecnica della 'meza stampaura' per ottenere nervature a rilievo. L'applicazione di fili e gocce e la soffiatura a stampo erano pratiche decorative consuete. La foglia d'oro, verso la fine del XV secolo, venne applicata al vetro anche nel corso della lavorazione a caldo.

Dal 1482 sono citate nelle carte muranesi le canne a 'rosette', o 'millefiori', a strati concentrici di differente colore, e probabilmente, secondo una ipotesi accreditata, Marietta Barovier ne realizzò di particolari, confezionando con esse oggetti non soffiati, manici di coltelli, forse anche monili, per cui ottenne un brevetto nel 1487. Sono conservati anche bicchieri e flaconi soffiati con sezioni di canne millefiori inglobati nella parete.

Tra il 1520 ed il 1540 fu elaborato a Murano un nuovo stile vetrario, svincolato da modelli metallici, suggerito dalla tecnica stessa della soffiatura: pareti sottili e trasparenti, forme arrotondate, steli soffiati a nodo sferoidale e a balaustro. Tali sono i vetri riprodotti dai grandi pittori dell'epoca, non solo veneziani, nei loro dipinti. Alle decorazioni già praticate nel XV secolo si aggiunsero le 'morise', delicate creste ottenute pizzicando sottili fili applicati, citate nelle carte dal 1512.

Nel XVI secolo vennero inventate nuove tecniche decorative. Nel 1527 Filippo Catani, di una famiglia poi chiamata Serena, brevettò la filigrana a retortoli, caratterizzata da fili di lattimo a spirale all'interno della parete, e verso il 1550 si realizzò per la prima volta la filigrana a retortoli, caratterizzata da un reticolo di fili di lattimo all'interno della parete.
Le forme essenziali dei soffiati valorizzavano il decoro simile ad un merletto ma verso la fine del secolo la filigrana a retortoli venne anche adottata per complessi vasi soffiati a stampo con figure di leoni o di grifoni a rilievo.
L'incalmo, che permette di saldare a caldo lungo il bordo della bocca due soffiati diversi, risale alla seconda metà del secolo. Il vetro a ghiaccio compare per la prima volta in un documento muranese del 1570. Nel 1549 Vincenzo d'Angelo brevettò il graffito a punta di diamante applicato ai soffiati. Ad esso venne spesso abbinata la pittura a freddo, mentre passò di moda la pittura a smalto. La pittura a freddo, inadatta a vetri d'uso perché facilmente deperibile, venne adottata per complesse composizioni, spesso tratte da dipinti di Raffaello, divulgate dalle acquaforti di Marcantonio Raimondi. La decorazione a smalto venne comunque richiesta dagli acquirenti tedeschi anche nella seconda metà del XVI secolo, anche applicata a forme in voga in Germania, come lo Stangenglas, alto bicchiere cilindrico.

I nuovi vetri veneziani del XV ed ancor più del XVI secolo godettero di un veloce e vastissimo successo presso la ricca borghesia, la nobiltà e i sovrani d'Italia e di tutta Europa, che acquistarono e commissionarono preziosi soffiati, anche con decorazioni includenti i loro stemmi, presso le vetrerie di Murano.
Soprattutto nel XVI secolo i vetrai muranesi, contravvenendo alle leggi della Repubblica di Venezia, vennero stimolati dalle richieste del mercato estero ad emigrare in città straniere dove produssero vetri di stile veneziano con materie prime e tecniche veneziane, istruendo i colleghi di quei paesi nei segreti del lavoro vetrario veneziano. Si ebbe così il fenomeno della vetraria alla 'façon de Venise', alla moda di Venezia.

In Italia come centro di produzione alla façon de Venise si distinse Firenze, dove i vetrai di Murano fin dal 1569 lavorarono in fornaci attive all'interno dei palazzi medicei e realizzarono vetri di stile veneziano e modelli disegnati dagli artisti della corte dei Medici. La più importante vetreria alla façon de Venise del Nord fu fondata ad Anversa nel Brabante fin dal 1549, dopo vari precedenti tentativi. Da Anversa i vetrai veneziani si spostavano in altri paesi. Nel 1567 da Anversa giunse a Londra il francese Jean Carré, che produsse vetri alla façon de Venise e che fu sostituito dal veneziano Jacopo Verzelini, spostatosi a Londra dopo un lungo soggiorno ad Anversa nel 1571, assunse la gestione di una vetreria e nel 1574 ottenne un brevetto per la produzione di vetri alla façon de Venise a condizione di istruire vetrai inglesi in quest'arte. Una vetreria alla façon de Venise fu gestita dalla famiglia Colinet a Beauweltz vicino a Mons Belgio. Presso il Castello di Ambras in Tirolo fu attivata una vetreria dal 1572 per dieci anni grazie a vetrai di Murano espatriati con il permesso della Repubblica. A Vienna essi erano presenti fin dal XV secolo, come pure in Francia. In Spagna i centri principali di produzione alla façon de Venise furono Barcellona e Cadalso de los Vidrios presso Toledo. I vetrai veneziani emigrarono anche in Germania, Olanda e Svezia. Non è provata la presenza veneziana in Boemia, dove giunsero però le novità tecniche e stilistiche su cui era basato il vetro di Murano indirettamente.

Talvolta non è facile distinguere i vetri prodotti a Venezia per l'esportazione e i vetri alla façon de Venise. In alcuni paesi la vetraria alla façon de Venise assunse dei caratteri prettamente locali. Ciò avvenne soprattutto in Spagna, con i vetri decorati a caldo e a smalto, nei Paesi Bassi ed in Belgio, con la predilezione di forme particolari, in Inghilterra con i cristalli incisi a punta di diamante di Verzelini, in Germania con i vetri dipinti a smalto. Questi ultimi, in vetro incolore o in vetro blu, erano dipinti con scene di vita quotidiana o ispirate da favole. Di eccezionale ricchezza decorativa erano gli alti Humpen cilindrici ed in particolare i Reichsadlerhumpen con l'aquila ed altri simboli imperiali.

Alla vetraria di stile veneziano si contrapponeva il 'vetro di foresta', che visse un momento difficile continuò ad avere largo successo soprattutto nei paesi di lingua tedesca. Si distingueva per un materiale verdastro , spesso deturpato da bolle e per forme particolari: la bottiglia biconica, lo slanciato Stangenglas, il Krautstrunk decorato da abnormi gocce appuntite, e lo Scheuer, basso bicchiere arrotondato con collo cilindrico ed una presa laterale. Tale produzione avrà larghissimo successo nei secoli XVII e XVIII.