Descrizione

Lo stile vetrario veneziano godette di largo successo per tutto il XVII secolo e continuò massiccia la emigrazione dei vetrai di Murano e la fortuna della vetraria alla façon de Venise. Alla divulgazione delle composizioni vetrarie veneziane contribuì la pubblicazione del ricettario L'Arte Vetraria del fiorentino Antonio Neri nel 1612. Il libro fu tradotto in inglese nel 1662, in latino nel 1668, in tedesco nel 1778 e nel 1779, in francese nel 1752 e in spagnolo nel 1778.

Nei Paesi Bassi prevalevano forme slanciate, soprattutto il calice a flûte, e le incisioni a punta di diamante. Molto apprezzati erano anche i calici con lo stelo formato da serpenti vitrei intrecciati (verres à serpents) o decorati da fiori vitrei colorati (verres à fleurs) e le decorazioni a filigrana e a ghiaccio.

I calici a serpenti furono ebbero notevole successo anche in Germania, dove comunque la decorazione a smalto su soffiati di varia foggia e soprattutto sugli Humpen continuò ad essere largamente praticata. Neppure in Catalogna si arrestò la fioritura del vetro alla façon de Venise. In un vetro generalmente giallastro e piuttosto bolloso, ma non sempre, vennero realizzati tipi veneziani talvolta con dettagli tipicamente locali: steli insolitamente esili ed allungati ed anse schiacciate a nervature parallele.

Non mancano forme bizzarre e zoomorfe e, soprattutto nel XVIII secolo, forme d'uso tipicamente locali decorate alla veneziana: il porró, il càntir, l'almorratxa. In Inghilterra la importazione di cristalli veneziani fu massiccia anche nel XVII secolo. I disegni inviati dal mercante John Green al suo fornitore muranese tra il 1667 al 1672 provano che il mercato inglese richiedeva da Venezia sia modelli veneziani che tipiche forme locali. La proibizione dal 1615 dell'uso della legna come combustibile portò all'adozione del carbone, e in questo Sir Robert Mansell fu pioniere nella prima metà del XVII secolo. Ciò determinò lo spostamento delle vetrerie, non più condizionate dall'approvvigionamento della legna, dalle foreste in città. Altre due conseguenze derivarono dall'adozione del nuovo combustibile. I fumi del carbone sporcavano il vetro, rendendolo quasi nero e quindi particolarmente adatto per le bottiglie da vino, che veniva così protetto dai dannosi effetti della luce. Le bottiglie 'nere' di tipo inglese furono imitate in Francia ed anche a Murano nel XVIII secolo. Per la lavorazione del cristallo, che andava protetto dai fumi, fu ideato un forno molto ventilato con crogioli parzialmente coperti.

Già nel Rinascimento a Murano, oltre ai colori quattrocenteschi, si era ottenuto il vetro rosso rubino all'oro e l'opalino opacizzato con i fosfati presenti nelle ossa calcinate. Intorno al 1620 si inventò l'avventurina, un vetro caratterizzato da fitti cristalli di rame, simili a lamelle dorate, e, verso la fine del secolo, il girasole, vetro opalescente, di cui la prima ricetta nota è del 1693. La sua leggera opacità era ottenuta con arseniato di piombo. Nel XVII secolo fu inoltre di moda il vetro giallo opaco, ottenuto con una 'anima', cioè un semilavorato vetrario a base di microcristalli di antimoniato di piombo e stagno, che veniva polverizzato e aggiunto a vetro fuso a bassa temperatura, per opacizzarlo e colorarlo.

Mentre i cristalli d'uso erano ancora essenziali, pur con differenti proporzioni rispetto al Rinascimento, i vetri decorativi divennero sempre più complessi. Le coppe o i gambi dei calici e le pareti delle bottiglie erano decorate da condoni pizzicati a 'morise' o ad alette. I gambi assumevano forma di serpenti intrecciati o di decorazioni floreali, i graffiti a punta di diamante erano estrosi e ricchi di fori, foglie, animali.

Tipici furono i calici con una o più strozzature sulla parete della coppa, da identificare con i bicchieri 'zucarini' (a forma di zucca) delle carte muranesi, e le lampade ad olio in forma di cavalluccio o di animale, grappolo d'uva, violino, con le bocche per lo stoppino modellate come una testa di dragone. Il più sontuoso e variegato esempio della migliore vetraria barocca veneziana è costituito dalla collezione del Castello di Rosemborg a Copenaghen, composta di quasi seicento pezzi, frutto del soggiorno a Venezia di Federico IV di Danimarca nell'inverno 1708-1709.

Verso la fine del XVII secolo l'egemonia veneziana andò progressivamente riducendosi, fino a cedere il passo a nuove realtà vetrarie, soprattutto quella boema e quella inglese. La Boemia era una area vetraria di rilievo grazie alla vasta estensione di foreste che fornivano combustibile e piante, dalle cui ceneri ricavare le ceneri fondenti. Verso il 1570 i vetrai boemi impararono a purificare la potassa con i metodi che i veneziani dalla metà del XV secolo applicavano alla soda e ad usare il biossido di manganese come decolorante.

L'incisione a rotina su vetro, sviluppata a Praga alla corte di Rodolfo II di Asburgo negli ultimi anni del XVI secolo, derivò dalla incisione su pietra dura, praticata da raffinati incisori chiamati a corte, dove primeggiò la dinastia milanese dei Miseroni dal 1588. Operando per incisioni sovrapposte si scavava a varie profondità ottenendo figurazioni che apparivano a bassorilievo per effetto ottico. Da qui ebbe origine un'arte vetraria basata sulla percezione del vetro come materiale scultoreo. La prima opera incisa a rotina datata e firmata è dovuta a Caspar Lehman, incisore su pietra dura e su, vetro, e risale al 1605. E' un bicchiere con figure allegoriche ma generalmente egli incise piastre vitree spesso con ritratti di Rodolfo II ed altri sovrani. Ebbe allievi, tra cui Georg Schwanhardt di Norimberga, che è considerato il fondatore della scuola incisoria della città bavarese.

La guerra dei Trent'Anni (1618-1648) determinò un periodo di crisi in tutta Europa ed in Boemia, invasa dalle truppe dell'Imperatore Ferdinando II, sconvolgimenti sociali ed economici e la fine della fioritura artistica promossa da Rodolfo II. Con la pace di Westfalia la situazione della Boemia si stabilizzò e riprese con slancio la lavorazione del vetro artistico. Fino al 1690 le forme prevalenti erano i calici di stile veneziano ma gradualmente si impose il calice di stile boemo con pareti di grosso spessore, adatto al taglio ed all'incisione, e con solido stelo variamente sagomato.

Nel 1683 Michael Müller, attivo nella vetreria di Janouaek nella Boemia meridionale, perfezionò un cristallo potassico con il carbonato di calcio, sotto forma di gesso, come componente. Egli, per primo in Boemia, ottenne anche il rosso rubino all'oro. Le incisioni a rotina boeme del XVII sono piuttosto semplici, poco profonde e non lucidate.

Dall'anno 1700 circa la incisione, divenuta più profonda, si raffinò e fu influenzata dallo stile decorativo francese: girali, grottesche, cimieri, ritratti di sovrani, figure di santi, allegorie, scene di caccia. La produzione boema fu massiccia: nel 1753 in Boemia erano attive cinquantasette vetrerie, nel 1799 settantanove vetrerie con tremila dipendenti. Anche la Slesia, parte del regno di Boemia dal 1526 al 1742, fu sede di importanti botteghe di incisione, soprattutto la valle di Jelenia Gora, vicino ai confini con la Boemia. Qui nell'ultimo quarto del XVII secolo il conte Christof Leopold Schaffgotsch aprì un laboratorio per lo straordinario incisore Friedrich Winter, autore di alcuni dei più notevoli vetri incisi di stile barocco. Nei suoi calici alla incisione si affianca il taglio a rilievo (generalmente in forma di volute), che fu una dei maggiori vanti della vetraria di slesiana anche dopo la morte di Winter, fino alla metà del XVIII secolo. Tra il 1740 ed il 1760 in Slesia, in particolare nella zona di Cieplice, la incisione fu caratterizzata da motivi decorativi Rococò, dopo di che decadde rapidamente.

In Germania il chimico e tecnico vetrario Johann Kunckel, autore nel 1679 dell'Ars Vitraria Experimentalis, traduzione commentata dell'Arte Vetraria di Antonio Neri, fu attivo nei pressi di Potsdam nella vetreria fondata dall'Elettore di Brandemburgo e ottenne uno splendido vetro rosso rubino all'oro e un vetro opale, opacizzato con ossa calcinate. Questa vetreria forniva vetri al laboratorio di incisione fondato dallo stesso Elettore a Berlino, dove lavoravano gli incisori Martin Winter e Gottfried Spiller, provenienti dalla Slesia. Anche Kassel fu un importante centro di incisione e di taglio a rilievo. Johann Kunckel diede nel suo libro una descrizione dettagliata della tecnica dello 'Zwischengoldglas', basata su una foglia d'oro o d'argento applicata sulla superficie di un vetro, graffita e protetta da un vetro di dimensioni leggermente maggiori, esterno. Questa tecnica fu di moda soprattutto tra il 1730 ed il 1755 in Boemia e Germania e fu riproposta dal decoratore austriaco Josef Mildner tra il 1787 ed il 1808. Altra tecnica decorativa di notevole raffinatezza fu la pittura a smalto nero e seppia, introdotta nel 1660 dal tedesco Johann Shaper e quindi sviluppata a Norimberga dai suoi allievi a Norimberga e da Ignaz Presseler nella Boemia orientale negli anni venti e trenta del XVIII secolo.

Nei Paesi Bassi sia Anversa che Amsterdam furono sede di vetrerie alla façon de Venise. Fu largamente praticato il graffito a punta di diamante anche da decoratori dilettanti. I graffiti a punta di diamante progressivamente si fecero più brevi e fitti fino a ridursi ad una incisione puntinata, 'stippelen' (stippling in inglese) con effetti di chiaroscuro simili a quelli dell'acquaforte. L'inventore di tale tecnica è ritenuto Frans Greenwood di Dordrecht, presso Rotterdam, nel 1720 circa. A L'Aia fu attivo un eccezionale artista dello stippelen, David Wolf, che scelse come soggetti decorativi ritratti di personalità , anche di membri della famiglia reale, e figure e scene allegoriche. Le sue opere sono generalmente datate dagli anni settanta al 1798, anno della sua morte.

Per tutto il XVIII secolo nei Paesi Bassi furono di moda anche i cristalli incisi a rotina, inizialmente importati dalla Boemia e dalla Germania, poi incisi in loco da incisori immigrati. Venivano spesso commissionati in occasione di particolari eventi e talvolta gli incisori locali eseguivano la decorazione su cristalli al piombo prodotti in Inghilterra. Dopo la raffinata produzione inglese alla façon de Venise, la vetraria inglese fu protagonista di una rivoluzione tecnologica. Il mercante londinese George Ravenscroft, che aveva risieduto per affari a Venezia, fondò nel 1673 una vetreria, dove impiegò anche vetrai veneziani, ed iniziò sperimentazioni sul vetro cristallino, supportato dalla Glass Seller's Company, organo di controllo sulla produzione vetraria. Nel 1674 Ravenscroft ottenne un brevetto per una particolare sorta di vetro cristallino che assomiglia al cristallo di rocca (a perticuler sort of Christaline Glasse resembling Rock Cristall). Tale vetro veniva chiamato anche 'flint glass' perché ottenuto con ciottoli quarzosi calcinati simili a quelli del fiume Ticino usati a Venezia. La sua composizione instabile però determinava molto presto all'interno della parete una fitta rete di craquelure. Per migliorare la composizione, nel 1676 Ravenscroft introdusse quindi nella miscela ossido di piombo nella proporzione del 27% con funzione di stabilizzante, probabilmente in ciò ispirato dalle ricette dell'Arte Vetraria di Antonio Neri, tradotto in inglese nel 1662.

Con questo nuovo vetro sonoro e brillante realizzò calici, bicchieri, piatti, coppe, brocche e bottiglie caratterizzati da dettagli di matrice veneziana ma modellati per lo più in forme di moda in Inghilterra, come il tipico posset pot. Dal 677 egli marchiò i suoi prodotti con la testa di un corvo, 'raven' in inglese. Si ritirò nel 1679.

Il brevetto di Ravenscroft decadde nel 1681 e da allora il cristallo al piombo divenne patrimonio comune dei migliori vetrai inglesi. Presto, dal 1690 circa, le decorazioni a caldo (nervature a stampo e applicazioni) vennero tralasciate a favore di forme essenziali e slanciate. Il solido stelo a balaustro dei calici, che a volte presenta una bolla d'aria interna, venne più tardi sostituito da uno stelo rettilineo applicato, talvolta interrotto da solidi nodi, o ricavato, tirando, dal fondo stesso della coppa ('drawn-stem').

Con l'ascesa al trono di Giorgio I di Hanover nel 1715 si affermò lo stelo detto 'slesiano', modellato a stampo con quattro, sei o otto facce, Tra il 1745 ed il 1755 fu di moda lo stelo con spirali d'aria interne (air-twist stem) e più a lungo il così detto 'incised trist stem', in realtà non inciso ma a sottili nervature a rilievo ottenute a caldo. Mentre passavano di moda le spirali d'aria si affermavano gli steli con fili interni a spirale colorati o di lattimo. Se il calice da vino ha coppa di ridotte dimensioni, vi sono il calice più capiente da birra, il gigantesco 'constable glass', usato per ripetuti brindisi e passato da un commensale all'altro, il posset pot, con beccuccio per bevande dense, ed il 'firing-glass', con base molto solida tale da poter essere battuto fortemente sul tavolo dopo il brindisi. Nell'ultimo ventennio del XVIII secolo vetrerie produttrici di cristalli al piombo furono attive a Belfast, Cork, Dublino e Waterford.

La decorazione della coppa era talvolta decorata. La incisione a punta di diamante fu diffusa dal tempo della vetraria alla façon de Venise, spesso per iscrizioni commemorative o di carattere politico, fin oltre la metà del XVIII secolo. La moda della incisione a rotina venne stimolata dalla importazione di prodotti boemi e tedeschi. Fu introdotta in Inghilterra da incisori boemi e tedeschi immigrati, che ebbero poi allievi inglesi, ma le incisioni su cristalli inglesi vennero spesso eseguite nei Paesi Bassi. Dopo la metà del secolo venne adottato il taglio a faccette che valorizzava la brillantezza del cristallo al piombo. Nella decorazione a smalto si distinse la famiglia Beilby, soprattutto William Beilby, attivo a Newcastle upon Tyne nel settimo decennio del XVIII secolo, che decorò con smalti bianchi o con vivaci policromie. A Londra James Giles fu un raffinato decoratore a smalto e oro.

Lo stile e la tecnica vetraria boema ed inglese si diffusero in tutti i paesi europei. La Francia, già meta della immigrazione di vetrai provenienti da Venezia e da Altare, fu attratta dal nuovo vetro boemo. Importò vetro boemo e, nella seconda metà del XVIII secolo, produsse vetro alla façon de Bohême. Si distinsero in Lorena la Vetreria di Baccarat, fondata nel 1764, e la Vetreria di Saint Louis, fondata nel 1767. Negli anni ottanta ambedue si convertirono al cristallo al piombo di stile inglese. Nevers si distinse fin dall'inizio del XVII secolo e per tutto il XVIII per la produzione di figurine a lume, anche in complesse composizioni, modellate intorno ad esili strutture metalliche.

In Spagna la Catalogna rimase fedele alle lavorazioni a caldo di matrice veneziana sfruttate però nell'ambito di una produzione di stile estroso prettamente locale, mentre l'Andalusia continuò a produrre i vetri della sua tradizione, indifferente ai dettami delle più nobili vetrarie europee. La corte borbonica era attratta dai cristalli boemi e dai nuovi specchi e lampadari a pendagli sfaccettati. Nel 1728 il catalano Ventura Sit fondò a San Ildefondo (Segovia) nelle vicinanze della tenuta reale di La Granja una fornace per la produzione di specchi, che colpì la regina Isabella Farnese la quale fece costruire all'interno della tenuta una nuova fornace per lui. Dopo la morte di Ventura Sit la fabbrica reale di La Granja, oltre agli specchi, produsse lampadari con struttura metallica e pendagli di cristallo sfaccettato. Già al tempo di Ventura Sit la Real Fábrica produsse cristalli soffiati, molati e incisi di stile boemo. I più elaborati risalgono alla seconda metà del secolo e le incisioni sono esaltate dalla doratura. Dal 1768 una seconda vetreria fu fondata: la Real Fábrica de Cristales, che produsse i cristalli e lattimi e vetri colorati dipinti a smalto o dorati, con motivi decorativi prima Rococò poi neoclassici. Intorno all'anno 1800 lo stile delle incisioni e delle molature fu fortemente influenzato dalla vetraria inglese.

Il vetro alla façon de Bohême riscosse successo anche in Russia. Già al tempo di Pietro il Grande fu fondata la prima vetreria di stato a San Pietroburgo all'inizio del XVIII secolo. Dopo la chiusura di altre due vetrerie di stato, fondate nella seconda metà del XVIII secolo, ne fu fondata una nuova nel 1743. Quindi a metà del secolo un'altra vetreria, data in gestione al principe Potemkin, divenne dopo la sua morte nel 1792 statale, nota come la Vetreria Imperiale di San Pietroburgo. Tutte queste vetrerie rifornirono soprattutto la corte di cristalli di stile boemo, nei quali all'incisione furono spesso abbinati lo smalto e la foglia d'oro.

Anche la Scandinavia, precedentemente meta di vetrai veneziani immigrati, aderì allo stile boemo e tedesco a partire dall'inizio del XVIII secolo. In Svezia le prime vetrerie erano localizzate nell'area di Stoccolma e in altre zone del centro. Nel XVIII secolo nel Sud, in particolare nello Småland, vennero fondate nuove vetrerie, la cui produzione fu affidata inizialmente a tedeschi immigrati. Si distinse per i cristalli incisi la vetreria Kungsholm. La Norvegia risentì piuttosto dell'influenza inglese ma al cristallo al piombo applicò incisioni a rotina di matrice tedesco-boema. La vetreria di Nøstetangen nel Sud del paese, fondata nel 1741, applicò al cristallo di tipo inglese incisioni a rotina di matrice tedesca.

Anche Venezia cedette al vetro boemo, importandone in quantità. I muranesi si adeguarono alle nuove esigenze rifondendo fin dall'inizio del XVIII secolo semilavorati e rottami provenienti dalla Boemia. Nel 1737 il Consiglio dei Dieci concesse però al vetraio e padrone di fornace Giuseppe Briati, che affermò di avere ospitato vetrai forestieri, un brevetto ventennale per la produzione di cristallo potassico. Allo scadere del brevetto altri vetrai ne imitarono i prodotti. La incisione a rotina venne introdotta a Venezia nella seconda metà del XVII secolo grazie alla immigrazione di incisori tedeschi, che ebbero allievi locali più esperti nella decorazione di specchi che in quella dei soffiati. Briati fu produttore di cristalli, lampadari, 'deseri' o trionfi da tavola, mobili decorati da intarsi vitrei. I cristalli potassici veneziani non attiravano i compratori stranieri, che invece prediligevano le avventurine, i vetri colorati e i lattimi decorati a smalto: tutte produzioni nelle quali si distingueva la famiglia Miotti, che marchiò lattimi dipinti con smalti dai brillanti colori dal 1727 al 1747.

Due elementi di arredo ebbero largo successo nel periodo barocco: lo specchio e il lampadario. Lo specchio di vetro era già prodotto a Venezia all'inizio del XVI secolo, soffiando un grande cilindro, poi tagliato ed appiattito. Il lavoro di levigatura e specchiatura era successivamente affidato agli specchieri, artigiani specializzati di Venezia. Nella seconda metà del XVII secolo vennero realizzati specchi pesantemente strutturati con cornici pure di specchio e di vetro blu con incisioni e decorazioni dipinte a freddo. Quelli del XVIII secolo sono più lievi, spesso con cornici di legno intagliato e dorato, talvolta con figure incise al centro. Jean-Baptiste Colbert volle affrancare la Francia dalle importazioni da Venezia e fondò a Parigi nel 1665 la 'Manufacture royale des glaces à miroirs', affidata alla presidenza di Nicolas du Noyer e attivata con la collaborazione di vetrai muranesi immigrati. L'altarese Bernardo Perrotto, che da Nevers si era trasferito ad Orléans per aprirvi una vetreria, ideò il sistema per ottenere lastre da specchio con la colata del vetro incandescente su un piano. Ciò consentiva dimensioni maggiori che con la tecnica tradizionale veneziana della soffiatura di un cilindro vitreo. Nel 1688 ottenne un brevetto, che fu annullato nel 1996 a favore di un analogo brevetto, concesso alla nuova 'Manufacture royale des glaces de France' (Parigi, Saint-Gobain, Tourlaville) che si era appropriata della geniale idea di Perrotto. Nel XVIII secolo il sistema della colata per la produzione di lastre da specchio fu adottata anche in Spagna, presso la vetreria reale di La Granja di San Ildefonso, che vantava le lastre più grandi d'Europa. In Inghilterra già c'era una produzione di specchi nella prima metà del XVIII secolo. Molto raffinati furono gli specchi inglesi del XVIII secolo, spesso incisi con motivi decorativi Rococò, neogotici, a cineserie, neoclassici, incisi a rotina. Sono noti lampadari prodotti a Venezia all'inizio del XVIII secolo con struttura in bronzo ed elementi pendenti di cristallo a faccette. Sono alla façon de Bohême, ad imitazione dei lampadari prodotti in Boemia in quel periodo. In realtà essi derivavano dai lampadari in bronzo o ottone con pendagli di cristallo di rocca (poi anche di vetro cristallo) a faccette, prodotti in Francia nella seconda metà del XVII secolo. Anche la fabbrica reale di San Ildefonso ne realizzò, inizialmente con struttura in bronzo, in seguito con bracci anch'essi in cristallo tagliato. Le fornaci veneziane presto però proposero un nuovo tipo di lampadario, la 'ciocca' (letteralmente: mazzo di fiori) per le decorazioni caratteristiche a policromi fiori vitrei. Il più noto produttore fu Giuseppe Briati a partire dal 1739 almeno. Nella seconda metà del XVIII secolo si citano nelle carte veneziane lampadari a 'colonna', alla 'cinese' e moderni, questi ultimi forse proprio decorati con fiori. I più sontuosi presentano elementi decorativi lavorati a caldo sostenuti da una struttura metallica completamente rivestita di elementi soffiati di vetro: lampadari a 'bossette' (a boccette). Altri più semplici hanno bracci autoportanti di vetro. Di una ricchezza molto controllata furono i lampadari inglesi in brillante cristallo al piombo con pendagli, pinnacoli e bracci autoportanti decorati col taglio. In estremo Oriente si distinsero la Cina e l'India nella produzione di vetro artistico ma piuttosto tardi. Poco si sa della produzione vetraria cinese prima del XVII secolo. Alla fine di quel secolo venne avviata una vetreria all'interno della città proibita grazie ad un gesuita tedesco. Nel XVIII secolo vennero ottenuti raffinati colori, come il rosso o rosa all'oro, e venne adottato l'intaglio sia su pareti monocrome , sia su vetri a più strati di diverso colore con il risultato di complesse decorazioni a cammeo. In India la produzione di vetri artistici fu stimolata dall'imperatore mongolo Akbar verso la fine del XVI secolo. Centri vetrari sorsero nel Bihar e nell'Alwar, presso le città reali di Delhi e Agra. I soffiati in vetro fortemente colorato erano spesso riccamente decorati a smalto e oro. Le importazioni dall'Europa furono comunque sempre rilevanti, determinando nel XIX secolo la crisi della vetraria indiana.