Il vetro nell'età del bronzo

testi a cura di Rosanna Mollo e Patrizia Framarin

La scoperta e le prime sperimentazioni

A partire dal VI millennio a.C., l'uomo utilizza un materiale vetroso naturale, l'ossidiana (foto 1), roccia silicea di origine vulcanica, presente in abbondanza nel bacino del Mediterraneo, nelle isole Eolie, Pontine, Pantelleria e in Sardegna (Monte Arci), per ottenere oggetti taglienti e resistenti. Questo materiale veniva commercializzato su lunghe distanze, dando origine alle prime rotte commerciali mediterranee (cartina A).

La scoperta vera e propria della materia vetrosa, in forma di faïence (foto 2) o di pasta vitrea, si data alla metà del III millennio a.C. in Mesopotamia (Iraq e Siria), preceduta solo dall'uso dell'invetriatura nell'Alto Egitto. Vetro semilavorato, in forma di barra o blocco, risalente al XXIII sec. a.C., è stato rinvenuto a Eshnunna e, posteriore di qualche secolo, a Eridu.

I primi oggetti in vetro, modellati e forgiati, erano necessariamente molto piccoli. Fino alla comparsa dei primi recipienti, vengono prodotti, se si escludono i bottoni conici, quasi esclusivamente oggetti a carattere ornamentale e rituale, in particolare perle di varie dimensioni, pendenti, placchette e intarsi (foto 3).

Questa produzione raggiunge il Mediterraneo orientale e le coste europee a testimonianza di una serie di rapporti transmarini fra le comunità dell'inizio dell'età del Bronzo e l'ambiente egeo. Nel Languedoc francese si sono riscontrate le più antiche attestazioni, tra 2400 e 2000 a.C., di perle in materiale vetroso (ipogeo di Roaix). In Italia settentrionale il ritrovamento più antico risale al XIX-XVIII secolo a.C. e consiste in elementi segmentati di collana dalla Caverna dell'Acqua o del Morto di Finale Ligure. In area continentale, in seguito a contatti con le regioni carpatico-danubiane, la zona del Lago di Garda ha restituito numerose attestazioni di perle di tipo biconico schiacciato in faïence.

Le produzioni del II millennio a.C.: Mesopotamia ed Egitto

I primi recipienti realizzati in vetro pare siano stati prodotti nel corso del XVI-XV secolo a.C., inizialmente nell'antica Alalakh (nella piana di Antiochia, Siria del Nord) e nell'Alta Mesopotamia, a Nuzi, Assur, Tell al-Rimah, vale a dire nell'area hurrita-mitannica. Si ispirarono a forme ceramiche di piccole dimensioni, come calici, coppe, bottigliette a corpo piriforme con terminazione a punta, prevalentemente in vetro blu, con decorazioni di filamenti applicati di colori diversi, in particolare gialli.

Tecnicamente, questi oggetti sono stati realizzati mediante la fusione su nucleo friabile che condizionava la dimensione dell'oggetto.

A distanza di circa un secolo anche in Egitto si sviluppò una produzione di vetro, dal carattere poi sempre più autonomo, probabilmente conseguente alle imprese militari di Thutmosis III (1479-1425 a.C.) in Mesopotamia. La produzione egiziana è caratterizzata per lo più da contenitori per cosmetici, talora a forma di fusto di palma (foto 4), vasi rituali (foto 5) e vasi configurati dalla vivace policromia.

Poco dopo l'introduzione della tecnica a nucleo friabile venne sperimentata, nel corso del XV-XIV secolo a.C., la produzione di vasi policromi a mosaico, sempre nell'area a nord della Mesopotamia, destinata ad ampi sviluppi successivi.

Contemporaneamente il vetro mosaico è attestato anche in Egitto, come provano i numerosi frammenti rinvenuti a Malkata, appartenenti probabilmente al Regno di Amenofi III (1390-1352 a.C.). A partire da questo momento la produzione vitrea egizia vive un periodo di notevole splendore per la varietà di forme e la ricchezza cromatica (Tav. I - foto 7-8-9); continua anche la produzione di originali e variopinti oggetti di ornamento personale e da intarsio (foto 10).

La circolazione dei prodotti egiziani raggiunse la Grecia micenea, mentre a Cipro prendeva l'avvio una produzione di recipienti a melagrana (foto 11).

Nella Grecia micenea si confezionarono quasi esclusivamente elementi di collane (foto 12) di colore blu, brillante, traslucido e placche decorative per l'intarsio degli arredi palaziali. Si trattava di una lavorazione secondaria, come sembrerebbero dimostrare i lingotti di vetro rinvenuti nel relitto di Ulu Burum, sulla costa meridionale della Turchia, appartenente ad un'imbarcazione del XIV secolo a.C., diretta probabilmente verso la penisola ellenica.

Gli scambi e le rotte commerciali occidentali

Nel Mediterraneo occidentale, lungo le coste tirreniche e adriatiche aperte ai traffici egei, nella fase iniziale del Bronzo Medio (XV sec. a.C.), sono presenti perle in pasta vitrea, globulari e discoidi, confrontabili con analoghi materiali micenei. Questi oggetti ornamentali, una sorta di status symbol, si riscontrano in contesti abitativi e funerari coevi dell'Italia centro-meridionale, come l'insediamento di Punta d'Alaca sull'isola di Vivara (Napoli), e di Grotta Manaccora nelle Puglie, della Sicilia (Castelluccio, Fogliuta di Adrano, Monte Grande, Thapsos) e delle Isole Eolie (Acropoli di Lipari, Capo Graziano).

Nella media età del Bronzo, materiali vetrosi raggiungono anche la pianura Padana: si conoscono particolari bottoni conici e discoidi come gli esemplari da Poviglio e Quingento nel Parmense e dalla palafitta di Mercurago (Novara).

La decadenza della produzione vetraria

Intorno al 1200 a.C., in concomitanza con gli eventi che determinarono la fine dell'età del Bronzo, si assiste ad un decadimento della produzione di oggetti vitrei (foto 13), conseguente al declino della civiltà micenea della Grecia meridionale, di Creta e del regno Ittita dell'Anatolia centro-orientale, che avevano determinato il fiorire delle produzioni di lusso e le condizioni per la loro commercializzazione.

Nell'involuzione della produzione egizia pochi sono i siti archeologici, che tra il 1200 e 900 a.C. hanno restituito reperti vitrei: si tratta per lo più di vaghi di collana, di piccole appliques e di particolari elementi decorativi.

Infine, nella tarda età del Bronzo europea (XII-IX sec. a.C.), si attivano produzioni locali (foto 14-15), nel nord-est dell'Italia, a Frattesina di Fratta Polesine (Rovigo): ne sono una testimonianza i frammenti di pasta vitrea grezza, gli scarti di lavorazione e i resti di numerosi crogioli con incrostazioni vetrose.

Si tratta di vari tipi di perle (foto 16) dai colori vivaci, in blu, azzurro e rosso, ottenute presumibilmente per colatura o con l'avvolgimento di pasta vitrea fusa intorno ad un'asticella, decorate con l'aggiunta di vari fili di pasta di vetro (foto 17).

Alla fine del II millennio a.C. (XI sec. a.C.), una collana di perle policrome in pasta vitrea da Lipari (Necropoli di Piazza Monfalcone) (foto 18) documenta la continuità della lunga tradizione 'ornamentale' del vetro che perdura anche nella mutata situazione politica ed economica del Mediterraneo, riflettendosi negativamente sull'attività produttiva.

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Musei

  • Corning Museum of Glass, New York
  • Museo Archeologico Regionale 'L. Bernabò Brea', Lipari, Italia
  • Museo dei Grandi Fiumi, Rovigo, Italia