Tecniche di Produzione

testi a cura di Mario Moretti

La tecnica dei dischi

La tecnica dei dischi consisteva nel soffiare una sfera che poi veniva attaccata ad un puntello nella posizione opposta alla canna da soffio. Una volta staccata la canna, la posta era aperta progressivamente in corrispondenza al foro lasciato dalla canna da soffio. Riscaldata intensamente e girata rapidamente, la semisfera si apriva in un disco per forza centrifuga ; tale tecnica è ancora oggi usata nella lavorazione artigianale di piatti, di ciotole aperte e dei dischi policromi delle vetrate legate al piombo. Staccato dal puntello, il disco, se di piccole dimensioni ( fino ad una ventina di cm di diametro ) venivano utilizzati tali e quali. I dischi più grandi, che potevano superare il metro di diametro, venivano tagliati in quadri. Lo spessore è irregolare (più spesso al centro, meno ai bordi ), ma le superfici erano più limpide, perché si formavano nell'aria senza contatto con altre superfici.
La tecnica del disco, come quella del cilindro, vennero messe a punto nei primi secoli d.C. e la loro produzione continuò fino al XIX secolo. Alcune limitate produzioni ( vetro cattedrale ) continuano ancor oggi per la produzione di vetrate artistiche.

La tecnica del cilindro

La tecnica del cilindro consisteva nel far assumere, con soffiatura e rotazione, forma allungata alla posta fino ad ottenere un cilindro, chiuso, da una estremità, da una semisfera e, dall'altra, dalla canna da soffio. Una volta raffreddato, il cilindro veniva scalottato (taglio delle due estremità chiuse), inciso e tagliato longitudinalmente.
Il cilindro era quindi posto in un forno di riscaldamento e portato a circa 700°C.
Sotto il suo stesso peso e con l'aiuto di appositi utensili, il cilindro tendeva ad aprirsi ed appiattirsi in una grande lastra che veniva quindi ricotta. Le due superfici risultavano diverse : lucida quella superiore, scabra e con piccoli difetti quella appoggiata al piano del forno.

La colatura

La colatura, dopo l'epoca romana, fu ripresa in Francia nel XVII secolo per formare lastre di grande dimensione, da usare nella produzione di specchi che potessero sostituire gli inimitabili, ma costosissimi specchi veneziani. Il fuso era versato su una piastra di ferro e si faceva scorrere sulla massa vitrea un rullo fissato a rotaie; questo garantiva una rapida ed uniforme distribuzione del vetro nello stampo rettangolare. Con questa tecnica si poterono ottenere lastre fino a 2x4 metri, ma con spessori piuttosto elevati (oltre i 6-8 mm).

La tecnica di laminazione

Le imperfezioni delle superfici, che interessavano uno spessore di alcuni mm, erano eliminate, dopo ricottura, con un laborioso sistema di abrasione, spianatura e lucidatura.
Nel XIX secolo questo inconveniente fu superato con la tecnica di laminazione della massa fusa, colata direttamente dal crogiolo, tra due cilindri raffreddati ( procedimento Bicheroux ). I cilindri avevano una lunghezza di circa 4 metri. A tale misura corrisponde la larghezza di un lastrone di ferro sottostante ai cilindri, che si sposta velocità regolata e sul quale si adagia la lastra laminata che viene tagliata da un apposito congegno e quindi passata nel forno di ricottura. Si possono ottenere lastre delle dimensioni di m. 4x6,5, con spessore grezzo di 5 mm. Le irregolarità dello spessore non superano 0,6 mm. con conseguente notevole economia nella molatura e lucidatura.
Questa tecnica continuò ad essere usata anche in epoca industriale e conobbe un grande sviluppo con l'avvio dell'industria automobilistica nella prima metà del 1900.

Vetro retinato e stampato

Basandosi sulla stessa tecnica della colatura, si può, all'uscita dal forno, introdurre nella lastra di vetro,ancora allo stato pastoso, prima di passare tra i cilindri laminatori, un'armatura di fili metallici inossidabili che alla fine del processo si trova completamente immersa nel vetro. Essa aveva lo scopo di migliorare la resistenza allo sfondamento e di evitare il distacco di pericolosi frammenti in caso di rottura.
Con la stessa tecnica, si fa passare il vetro uscito dal forno attraverso i due cilindri laminatori che, uno o entrambi, portano sulla superficie un disegno in bassorilievo; questo disegno si imprime sul vetro.

Tiratura delle lastre in continuo

Tirare il vetro direttamente dalla massa incandescente è stato il miraggio di molti ricercatori,soprattutto per produrre lastre. Sono stati fatti tentativi volti ad adescare, mediante spranghe di ferro, il vetro per sollevarlo in forma di largo nastro da cui ricavare le lastre. Ma il nastro si restringeva.si assottigliava verso il basso a mano a mano che veniva sollevato. Si aveva dunque un effetto di 'stiramento'.
La soluzione industriale è dovuta a due sistemi diversi che prendono il nome dai rispettivi inventori, il belga Fourcauld e l'americano Colburn.

Procedimento Fourcault

Il concetto fondamentale di questo procedimento è una risposta originale circa il modo di evitare il restringimento del nastro durante il sollevamento dopo l'adescamento per mezzo dell'asta di presa. La risposta è questa: si eviti di tirare. E infatti Fourcault 'preme', spinge il nastro fuori dalla massa fluida. La pressione si ottiene per effetto di un dislivello creato nel bagno di vetro fuso. È il noto effetto dei vasi comunicanti!
Si immagini, infatti, una trave di materiale refrattario poroso (chamotte) lunga m.2 e larga 0,5 con i margini rialzati ,in modo che assuma la forma di una scatola con fondo molto spesso nel quale, in senso longitudinale,viene operata una fessura. Se si mette la trave sulla superficie del vetro fuso, questa galleggerà ; ma, se la si obbliga ad affondare finchè il piano interno della scatola si trovi di qualche centimetro al di sotto dello specchio del fuso, questo, per legge idrostatica, penetrerà attraverso la fessura sotto forma di una lama di vetro che viene adescata con una spranga di ferro e sollevata lentamente tra due serie laterali di rulli. Si ottiene così la lastra. Non appena la lastra esce dalla fessura, si provvede artificialmente al un suo raffreddamento di modo che inizi subito il suo passaggio allo stato di rigidezza. Il sollevamento avviene dentro una camera a doppie pareti che funge da forno di ricottura; si sfrutta il calore del forno fusorio, regolandolo con apposite valvole lungo la camera, in cima alla quale si opera il taglio delle lastre alle lunghezze volute. La larghezza della lastra è determinata dalla lunghezza della fessura nel galleggiante ( débiteuse secondo Fourcault ) ; lo spessore è dato dal rapporto tra la velocità di salita e la temperatura e la viscosità del vetro entro la fessura del galleggiante. La produzione di un forno era di 800 - 1200 mq. nelle 24 ore ed il processo risultava economico per la limitata maestranza necessaria e per il basso consumo di combustibile.
I pregi del prodotto sono : superficie completamente piane, buona politura a fuoco,assenza di tensioni interne.

Procedimento Libbey Owens (Colburn)

A differenza del procedimento Fourcault, nel metodo di Colburn, meglio noto sotto il nome della società proprietaria dei brevetti Libbey-Owens, il vetro è, nel vero senso della parola, tirato verticalmente dalla sua fusione. Per impedire l'inconveniente del restringimento della larghezza della lastra, non appena iniziato il tiraggio, i margini vengono fatti scorrere fra piccoli rulli girevoli, disposti orizzontalmente, a distanza di 3-5 cm sopra il livello del bagno. I rulli hanno una velocità periferica inferiore a quella con cui si solleva il nastro: in questo modo non agiscono trainando,ma frenando e formano un gradino di massa fusa disponibile ai margini, i quali, una volta formati, non si ritirano più. Il nastro vitreo,tirato verticalmente per circa 1,50 m, viene piegato ad angolo retto sopra un cilindro opportunamente riscaldato prima di entrare orizzontalmente nel forno di ricottura, trasportato da rulli.
Questi modi di tiratura del vetro in lastre, sono stati progressivamente sostituiti dal procedimento float che permette di ottenere vetro di migliore qualità e a minor costo.

Procedimento Float

Il vetro, una volta liberato dalle bolle di gas e omogeneizzato nella zona di affinaggio a circa 1350°C, viene progressivamente raffreddato a circa 1000°C. e quindi fatto colare in un secondo forno, contenente stagno fuso, molto puro. L'atmosfera di questo forno deve essere riducente (atmosfera di idrogeno) per evitare l'ossidazione del metallo.
Il vetro, meno denso dello stagno, galleggia e forma un nastro dello spessore naturale di circa 6 mm. Dispositivi particolari permettono di rallentare o accelerare lo spandersi del nastro, allo scopo di regolarne lo spessore ed il parallelismo delle facce.
Le due facce risultano perfettamente lucide e piane, formate per l'azione del fuoco, quella superiore, e per il contatto con lo stagno fuso, quella inferiore. Quando esce dal bagno di stagno, il vetro ha una temperatura di circa 600°C ed sufficientemente rigido per essere trasportato su rulli e introdotto, in continuo, in un tunnel di ricottura, nel quale la temperatura si abbassa progressivamente fino a temperatura ambiente, per evitare l'insorgere di tensioni interne e impedirne la rottura.
Il nastro di vetro, raffreddatosi lentamente all'aria libera, viene tagliato automaticamente in lastre della misura di 6x3 metri. Queste vengono movimentate con l'aiuto di ventose, portate nell'area di stoccaggio e spedite con mezzi speciali.
Questo procedimento è stato messo a punto da Pilkington ( Inghilterra ) nel 1964 ed è attualmente il modo per produrre lastre più utilizzato nel mondo.
I vantaggi di questo procedimento sono la semplicità, l'elevata resa (un forno produce oltre 600 tonnellate al giorno con ridotto scarto), la perfetta planarità e parallelismo delle superfici della lastra e la possibilità di ottenere qualunque spessore tra 1,3 e 24mm.